Si levano i ponteggi. Finalmente le impalcature che da oltre dieci anni “imbrigliavano” il campanile di Sant’Aponal a partire dal 7 dicembre inizieranno ad essere smontate e la vista dell’intera struttura, dell’altezza di circa venticinque metri costruita a cavallo tra ’300 e ’400, tornerà totalmente libera. Risale appunto a circa dieci anni fa l’evento atmosferico che colpì il campanile: si era abbattuto sulla città provocando diversi danni in centro storico, tra cui il distacco di alcuni mattoni dal campanile che precipitarono nella calle adiacente. La diocesi fece subito installare dei ponteggi per la messa in sicurezza della pubblica incolumità, ma da quel momento ci volle diverso tempo per il reperimento dei fondi necessari per avviare i lavori di consolidamento. Fin dall’inizio il progetto è stato seguito dall’architetto Paolo Tocchi che, oltre a seguire il restauro come direttore lavori, si è occupato anche della progettazione e dello svolgimento delle indagini strutturali tra il 2017 e il 2018, consistite nello studio e nel monitoraggio dei movimenti del campanile per constatare eventuali oscillazioni, visto che ora è inglobato tra edifici residenziali. I lavori, affidati alla ditta Ducale Restauro, erano iniziati a luglio dello scorso anno.
Cuci-scuci e consolidamenti. È stato fatto un intervento di “cuci-scuci” esterno che è consistito nel cambio di alcuni mattoni che rivestivano il fusto del campanile. Inoltre sono state fatte delle iniezioni di calce idraulica per consolidare tutta la struttura e sono stati messi in opera dei tiranti metallici in acciaio inox su due livelli del solaio interno e sotto la cella campanaria per garantire la stabilità del campanile. Questi interventi sono stati svolti dal fabbro Renzo De Zorzi, che ha predisposto i tiranti e messo anche delle nuove grate sulle finestre e nuove reti anti volatili sulla cella campanaria. Qui inoltre il piano di calpestio di circa 12 metri quadrati, un tipico antico pavimento alla veneziana, è stato restaurato a calce dalla ditta dei fratelli Patrizio: «Gli unici terrazzieri che si sono presi l’onere di restaurarlo secondo le antiche usanze» spiega l’architetto.
Un nuovo parafulmine. I lavori, che hanno visto anche l’installazione di un nuovo parafulmine, sono stati seguiti e monitorati con sopralluoghi costanti dalla Soprintendenza e dalla Commissione Campanili. L’intero restauro è costato oltre 300mila euro, di cui 200 mila sono stati sovvenzionati dalla Regione. Interventi che, oltre a salvare il campanile, hanno fatto bene alla città: «Le spese del restauro hanno avuto una ricaduta diretta sul territorio, in quanto vi hanno lavorato sia imprese che maestranze artigiane della città, cosa fondamentale per mandare avanti l’economia soprattutto in questo periodo di pandemia» ha sottolineato Tocchi. I lavori all’inizio dell’emergenza sanitaria, quando non c’era la possibilità di garantire il pasto caldo per i lavoratori, sono rimasti fermi per circa quaranta giorni ma poi fortunatamente sono ripresi e sono stati portati a conclusione senza altri intoppi con sette persone impiegate nel cantiere, tra operai e figure specifiche artigiane.
Anche la chiesa richiederebbe un intervento. Ora forse è però arrivato il tempo di pensare anche alla chiesa, chiusa da moltissimi anni. L’architetto Tocchi ha realizzato un progetto per sistemare in particolare la parte laterale est che dà su Rio Terrà S. Aponal: «Ultimamente è stata chiusa una piccola porzione di calle in quanto sono caduti degli intonaci, che necessiterebbero di essere consolidati e ripristinati. La facciata poi – prosegue l’architetto – è stata messa a dura prova dal forte vento dello scorso anno, che ha causato la rottura delle finestre in piombo. Anche il tetto inoltre necessiterebbe di un restauro, visto che piove dentro da anni» spiega, ma il problema è sempre lo stesso: il reperimento dei fondi.
Francesca Catalano