Molti si domandano come sia potuto accadere che il Veneto, da regione virtuosa nella prima ondata del Covid, sia diventata nella seconda ondata la pecora nera d’Italia.
Condividiamo in pieno le osservazioni di quanti ritengono che la regione paghi il prezzo delle settimane di ‘zona gialla’ che ha goduto.
La ‘zona gialla’, tanto voluta dai nostri politici che l’hanno orgogliosamente rivendicata nelle quotidiane conferenze stampa dalla sede della Protezione Civile a Marghera, fu concessa al Veneto dal governo quando era ormai abbastanza chiara la direzione che stava prendendo la curva dei contagi, soprattutto per l’efficienza della sanità pubblica (la disponibilità delle terapie intensive e dei reparti Covid, oltre che il tracciamento).
Ma la diffusione del virus si combatte a monte, non a valle: non nei reparti di terapia d’ospedale, ma con la prevenzione. E la prevenzione, finché il vaccino sarà non solo disponibile, ma realmente somministrato alla maggioranza dei Veneti, consiste fino ad oggi soltanto nel distanziamento sociale e, se necessario, nel totale lockdown.
Durante le settimane di ‘zona gialla’ la regione ha perso tempo prezioso: i cittadini hanno abbassato le difese circolando liberamente, si sono frequentati e hanno favorito la diffusione del virus.
Durante la prima ondata gli infettati si contavano sulle dita di una mano, oggi non c’è persona che non abbia un parente, un amico o un conoscente positivo, spesso asintomatico, a volte ammalato. Il totale dei morti, dei ricoverati e dei positivi dell’intera regione, aggiornato giorno per giorno, è sotto gli occhi di tutti.
E’ perciò abbastanza risibile la narrazione secondo la quale i numeri tanto alti dei positivi deriverebbero dal gran numero di test che si fanno in Veneto, rispetto alle altre regioni – tra l’altro eminenti virologi affermano che proprio l’uso dei test rapidi, che ha un’alta percentuale di falsi negativi, sarebbe una concausa significativa della diffusione del virus – così come dare la colpa al ‘ceppo inglese’ del virus… o alle ‘varianti venete’… Ci pare un ‘arrampicarsi sugli specchi’ per non dire semplicemente: “Abbiamo sbagliato”.
Certo, non sarebbe corretto incolpare qualcuno in particolare per la abnorme diffusione del virus nella nostra regione in questa fase, poiché tutti, e in modo particolare i responsabili istituzionali, si sono trovati a fronteggiare una tragedia inedita.
Nessuno tuttavia ci toglie la convinzione che una attenzione e una saggezza maggiori da parte del governo centrale e di quello regionale avrebbero molto giovato alla salute dei veneti.
Sandro Vigani