È questione di ingordigia e sregolatezza. Non c’è spiegazione diversa di fronte a 1350 biglietti venduti per altrettante persone da ospitare in una sala da nemmeno 500 posti.
Saranno le indagini e i processi ad accertare i fatti e le responsabilità e per ora si valuta su informazioni parziali e indirette. Però le testimonianze, a proposito della tragedia nella discoteca di Corinaldo, concordano in questa direzione.
Poi, certamente, c’è tutta una serie di concause. Come sempre, colpe, sviste e irresponsabilità sono più d’una e concorrono a creare una miscela esplosiva, che a volte deflagra.
Però emerge questo primo dato: l’ingordigia. Se ci si fosse accontentati di 500 biglietti venduti, la disgrazia non sarebbe accaduta. O sarebbe stata molto più modesta. Verrà accertato chi ha tratto vantaggio economico e – sia che si tratti del gestore del locale o dell’organizzazione del concerto o di chiunque altro – sarà chiamato a risponderne.
Poi c’è la sregolatezza (che spesso si accompagna all’ingordigia). Pare che il concerto si sarebbe dovuto tenere alle 23. Ma all’una di notte, quando è successa la tragedia, si era ancora lì ad aspettarne l’inizio. E il pubblico, in una sala strapiena, era fatto di ragazzini di 14, 15, 16 anni… o addirittura di 11, come la figlia della signora 39enne anch’essa vittima di quanto accaduto.
Come può il gestore di un locale o il team degli organizzatori e perfino il cantante che, in questo caso, è il leader e modello di comportamento cui i ragazzi guardano, non rendersi conto che è folle una situazione del genere?
Il rispetto delle regole, che fa tutt’uno con il rispetto delle persone, è uno dei principali sforzi culturali cui il nostro Paese è chiamato. Per non dover più piangere adolescenti strappati così alla vita.