Le immagini riaffiorano nella mente come se il tempo si fosse fermato. Il sibilo del vento che soffia forte sui tetti delle case, l’acqua che sale inesorabile, troppo velocemente, come mai era accaduto prima. E anche le sensazioni di quei momenti sono ancora più vive che mai: l’ansia e l’angoscia di perdere in un attimo i sacrifici di una vita, nell’amara consapevolezza di non poter far nulla per fermare l’inevitabile. Dimenticare quello che gli occhi hanno visto e ciò che il cuore ha provato è una partita persa e Fabio Vaccher lo sa bene. Lui, titolare insieme ad Attilio Vio del negozio d’abbigliamento da uomo “Shirts & Ties” in Bocca di Piazza, a San Marco, se ripensa alla drammatica notte del 12 novembre scorso prova ancora oggi – a distanza di un anno – «panico e paura». Sì, perché «una portata d’acqua arrivata in così breve tempo, tanto da non poter intervenire» Fabio non l’aveva mai vista.
Come un tornado. «Sono scene difficili da dimenticare, le ho sempre nella testa: arrivare in negozio e trovare le poltroncine di pelle addossate in vetrina con la merce in ammollo, come fosse passato un tornado all’interno di uno spazio di 50 metri quadri, è stato terribile. Un disastro», racconta l’uomo, padre e marito, ricordando come quel giorno lui e il collega avessero predisposto tutto il necessario – paratia e pompa che si attiva già con 120-125 cm – per tenere l’attività all’asciutto. Ignari che dai 140 cm previsti si sarebbe arrivati ai 187 effettivi. Il resto è storia. E le immagini di quella tragica notte hanno fatto il giro del mondo. «Ricordo che ero a Mestre, dove abito, e mi stavo allenando a basket. Il vento era fortissimo – spiega – e ho iniziato a preoccuparmi, ma mai avrei pensato potesse arrivare una marea del genere. Non appena ho capito che la situazione stava peggiorando (siamo al sicuro fino a 160 cm), sono salito in macchina. Ma una volta arrivato a piazzale Roma era già troppo tardi, tanto da non riuscire a raggiungere il negozio. I danni li abbiamo constatati la mattina dopo».
Nessun rimborso per gli arredi. Una nottata insonne, per Fabio, che in poche ore ha subìto danni tra i 60 e 70mila euro. «La vetrina era allagata, con i maglioni in cachemire e le scarpe sott’acqua, oltre alle giacche e ai pantaloni. Senza considerare che solo pochi mesi prima avevamo restaurato tutto il negozio, comprando anche dei mobili nuovi». Un investimento di circa 50mila euro persi in un colpo. Per la mobilia non c’è stato infatti alcun rimborso, contrariamente a quanto avvenuto per parte della merce perduta. «Siamo stati risarciti di 15mila euro, arrivati in giugno. Ma per ottenerli abbiamo prima dovuto anticipare noi stessi la cifra, richiedendo un prestito. La motivazione per andare avanti? L’ho trovata nella mia famiglia e nel fatto che alle spalle c’erano tanti anni di duro lavoro. Ricordo che giorni dopo il fatto, ho aperto dei cassetti che mi ero dimenticato di controllare: dentro c’era ancora acqua, con altre cose in ammollo». Ma non tutto il male – si dice – vien per nuocere. Perché di quei giorni difficili Fabio non scorda la grande solidarietà nata fra amici e colleghi della zona. Oltre alle tante telefonate dall’estero (soprattutto da Inghilterra e America) di clienti affezionati che volevano accertarsi della situazione.
Il Mose? Mi sono dovuto ricredere. Finalmente il presente parla di un alleato prezioso, il Mose, messo in funzione in ottobre in più occasioni. Una novità che nel cuore di Fabio ha portato un po’ più di pace e tranquillità. «Sapere che le previsioni davano acqua alta – commenta il negoziante, riferendosi ai recenti episodi scongiurati dalle barriere mobili che hanno separato il mare dalla laguna – e vedere piazza San Marco all’asciutto, è una bellissima cosa. Da non credere. Fiducia nel Mose? Non ne avevo, ma mi sono dovuto ricredere. E sono contento perché consente di lavorare in una giornata in cui normalmente non succederebbe». Certo, le difficoltà rimangono. Perché se all’inizio il danno lo avevano creato le immagini circolate nel mondo, che per settimane hanno dato l’idea di una Venezia alluvionata, impossibile da visitare, il resto lo ha fatto la pandemia. «Da febbraio ci stavamo rialzando ma poi è arrivata un’altra mazzata. È praticamente un anno che non lavoriamo, con un calo del fatturato del 65-70% rispetto al 2019». Un nemico invisibile, questa volta, con il quale Venezia (e il mondo intero) sta facendo ancora i conti.
Marta Gasparon