Anche quest’anno il Premio internazionale della bontà, giunto alla sua 21esima edizione, ha conferito un riconoscimento a chi si è distinto in gesti generosi verso il prossimo. Realizzato dall’associazione “Comitato della croce”, presieduta da Fiorenzo Tommasi, in collaborazione con Fervicredo e Fsp Polizia di Stato, l’evento si è svolto ieri mattina nella chiesa degli Scalzi. Il tutto nel ricordo di chi nell’attentato delle Torri Gemelle dell’11 settembre di vent’anni fa perse la vita.
Il cosiddetto premio speciale è stato conferito a Marisa Manzini e a mons. Giancarlo Maria Bregantini. Ex sostituto procuratore di Catanzaro e attuale procuratore aggiunto di Cosenza, oggi sotto scorta, Manzini fa parte del dipartimento della Pontificia accademia mariana internazionale ed è stata più volte minacciata dalle cosche del vibonese per le inchieste contro la ‘ndrangheta. Dal 2007 arcivescovo metropolita di Campobasso-Boiano, anche mons. Bregantini è noto per la sua battaglia contro la criminalità organizzata. Nel corso della mattinata è seguita la consegna del Premio bontà, quest’anno andato a Gian Piero, per tutti “Wuè”, a Cherif Karamoko e a Remo Baldoni. Se il primo, clochard di Viareggio, si è distinto per la sua raccolta quotidiana di monetine che trova per strada, convertite poi in generi di prima necessità per senzatetto e famiglie in difficoltà, il secondo ha una storia tragica alle spalle. In fuga dalla guerra civile in Guinea, raggiunge il Veneto dopo un naufragio nel Mediterraneo in cui perde la vita il fratello, pronto a cedergli il proprio giubbotto di salvataggio pur di consentirgli di esaudire il suo sogno: diventare un calciatore (l’esordio è avvenuto poi con la maglia del Padova nel 2019). E infine Baldoni, presidente dell’associazione “Servizio di strada”, premiato per aver continuato a garantire il proprio aiuto ai più poveri anche nel periodo pandemico più difficile.
Fra gli ospiti, don Luigi Merola e don Antonio Coluccia, entrambi sotto scorta per essere stati più volte minacciati dalla criminalità organizzata, contro la quale lottano ogni giorno con la forza del Vangelo. «Le persone qui oggi (ieri ndr) – le parole di don Coluccia – credono nei valori della vita, del territorio, e lo difendono». «Noi preti dobbiamo tornare ad aprire gli oratori e le chiese fino a sera, – ha dichiarato don Merola – per togliere così “manovalanza” alla camorra: la mafia si combatte solo dando lavoro».
(M.G.)