Che da anni non si trovino più autisti per i camion è una problematica che si sta aggravando sempre di più. Senza considerare l’assenza di un ricambio generazionale: i giovani non sono interessati a questo tipo di lavoro, con la conseguenza che l’età media degli autisti si sta alzando.
Secondo il Ministero dei Trasporti in Italia il 45,8% degli autisti possessori di CQC (carta di qualificazione del conducente, titolo abilitativo attestante le capacità professionali di quei soggetti già in possesso di una patente di guida di categoria superiore, che consente di svolgere attività di carattere professionale legata all’autotrasporto) ha più di 50 anni, a fronte dello 0,4% che ha meno di 24 anni e del 18,1% che ha meno di 40 anni.
Retribuzione poco equilibrata. Come spiega Gianluigi Satini, presidente della FAI (Federazione Autotrasportatori Italiani) Regionale Veneto, «da tempo si fatica a trovare autisti. Per un certo periodo ne provenivano dall’Est Europa e, in precedenza, anche dal Nordafrica. La situazione è dovuta al fatto che da parte dei giovani manca la disponibilità a svolgere tale tipo di attività. Il problema esiste da alcuni anni e, ormai, non soltanto in Italia: inizialmente estesosi nell’Europa occidentale, ora comincia a diventare un problema anche nella parte orientale». I motivi della situazione? Per Satini sono molteplici: «È un lavoro che forse non è retribuito quanto bisognerebbe, in base alle difficoltà che si riscontrano. Per fare un esempio, ci sono tanti tempi di attesa, le difficoltà legate al traffico e ai cantieri presenti sulle strade ed autostrade. Bisogna inoltre rispettare un certo numero di ore di guida e di riposo, come prescritto dall’Europa, e questo non è sempre facile da seguire, soprattutto nel momento in cui si verificano tempi di attesa extra al carico o allo scarico della merce. Oppure per via di code sulle strade su cui si guida». Accanto a tutto questo sembra vi siano altri motivi per cui i giovani, oggi, tendono a non avvicinarsi a questa professione. I costi elevati della formazione – dalla patente C+E (costo tra i 3mila e i 4mila euro) al CQC – sono sicuramente una ragione, ma non è da sottovalutare nemmeno il divario esistente tra l’età del conseguimento del diploma (18 anni) e quella in cui è possibile mettersi al volante di un camion (21). E ancora, non aiuta una visione della professione del camionista spesso ancora stereotipata: la paura di affrontare grandi fatiche o di diventare parte di un contesto senza regole. C’è da considerare inoltre che quello del camionista è un lavoro estremamente stressante e faticoso, che richiede di viaggiare per l’Italia o per l’Europa lontani dalla propria famiglia per lungo tempo. E appunto non sempre – in Italia – tali sacrifici vengono ripagati con salari adeguati.
Intervenire sui costi della patente. «La carenza cui stiamo assistendo fa sì che si tenda ad offrire un po’ di più ad un autista, in modo da “portarlo via” ad un’altra azienda, o che gli si offra un lavoro meno disagiato di quello portato avanti nell’altra realtà in cui si trova – aggiunge Satini – Ma questa chiaramente non è la soluzione. Quella vera, concreta, sarebbe intervenire sui costi per la patente e il CQC, che si aggirano sui 3/4mila euro: somme che spaventano i più giovani. Dal canto nostro stiamo organizzando alcuni corsi regionali per autisti in cui la Regione interviene attraverso un contributo economico, per far sì che queste persone si avvicinino al nostro mondo. Rimane tuttavia un ulteriore problema: una volta ottenuta la patente, le persone non sono formate dal punto di vista pratico. Per poter formare un autista, affiancandogliene uno esperto, è necessario infatti qualche mese e molte aziende, prima di investire questi soldi, provano strade alternative». Il risultato? «Poiché gli autisti al momento non bastano, in diverse aziende sta accadendo che ci siano camion fermi. Ed anche la committenza sta pagando le conseguenze di questa problematica. Purtroppo molti giovani i soldi (o grazie ai propri genitori o attraverso qualche sussidio pubblico) li avrebbero anche in tasca, ma non si mettono in gioco».
In Inghilterra il guadagno è maggiore. La conferma delle criticità nel reperire autisti è confermata anche da Paolo Pastrello, fondatore di una delle più antiche società di autotrasporto locale, la omonima Pastrello Autotrasporti con sede a Porto Marghera, che ricorda come «la nostra generazione abbia deciso di fare l’autista orgogliosamente, così come i nostri padri. Ma non è avvenuto lo stesso per i nostri figli: per questo motivo abbiamo dovuto rivolgerci prima della manodopera di nazionalità rumena e poi moldava. Ma adesso non abbiamo più nemmeno loro perché i pochi che vi sono vanno a fare gli autisti in Inghilterra, dove si guadagna il triplo rispetto a qui. Ecco la conseguenza: anche noi abbiamo alcuni camion fermi e tante altre ditte di trasporto condividono il medesimo problema. Bisognerebbe proporre dei corsi per autisti, anche perché non è più come una volta, in cui si poteva mettere mano al veicolo perché era tutto meccanico. Oggi regna l’elettronica. Senza dimenticare che i teloni dei rimorchi càpita che non vengano legati correttamente, con conseguente caduta del carico: motivo per il quale andrebbe insegnato anche quest’aspetto». E per Pastrello c’è un’ulteriore considerazione: «Bisogna fare in modo che ottenere la patente per il camion costi poco o niente. Così facendo ci sarebbero probabilmente nuovi autisti italiani. Ci sono tanti avvocati e architetti, ma non c’è più nessuno che voglia svolgere lavori manuali».
Marco Monaco