Il negozio è rimasto la piccola stanza di una volta. Sempre quella da circa 125 anni, affacciata sulla Via Nazionale, al numero 159, e passata di testimone proprio come in una staffetta: quattro “frazionisti”; l’ultimo si chiama Orlando Meggiato, barbiere decano di Mira. Succede a tre generazioni di Lazzarini. Il sospetto è che sarà l’ultimo.
Alle spalle, intanto, sessantaquattro anni di onorato servizio, lui che di vita ne ha ottantacinque, portati serenamente e con grande affabilità. Una qualità che mostra anche esibendo in modo confidenziale, quasi come biglietto da visita, custodito con affetto, il “santino” di uno zio prete, morto ancora abbastanza giovane nel 1976: don Pietro Salvalajo, da Oriago, di cui lucidamente enumera le numerose parrocchie della Diocesi dove prestò servizio.
Naturalmente, oltre allo zio, c’è la propria famiglia in senso stretto: due figli, mentre la moglie è mancata una quindicina d’anni fa. Benché avesse avuto un nonno barbiere, terminata la scuola, cominciò a lavorare da imbianchino. Solo dopo, le prime esperienze nella bottega di un barbiere. A vent’anni è in Riva del Vin, a Rialto. Tagliare i capelli diventa una piacevole scoperta.
I molti anni di lavoro, per il momento, non lo fermano. La passione è ancora intatta: «Finché durano le forze e continuano le soddisfazioni…». Tra queste sicuramente i diversi ragazzi avviati al mestiere: «Nel tempo, ne sono passati sedici o diciassette; una decina di loro sono ancora in attività». Del resto, si comincia così: come garzoni. E lui non fa eccezione. Nativo di Oriago, ricorda con grande riconoscenza l’apprendistato nel negozio del sig. Tognin.
L’anagrafe rivela che ha conosciuto gli anni della guerra. E lui ricorda… «Abitavo circa duecento metri dietro il cimitero di Oriago. Un giorno lo hanno bombardato e sono “partiti” i coppi e i vetri della casa. Siamo dovuti scappare. Per un po’ sono rimasto ospite fuori, da parenti».
Passa il tempo, cambia il modo di lavorare… «Attualmente a Mira siamo in due; poi ci sono una decina di saloni». Li conta mentalmente. «I cambiamenti sono continui», ammette, «ma alla fine gli strumenti del mestiere restano sempre quelli: le forbici, il rasoio e il pettine. Sono soprattutto le mode a cambiare, dettando tagli molto personalizzati». I clienti sono di tutti i tipi. «Siamo in un luogo di passaggio, con diversi turisti stranieri. Mi capita di servire anche loro». Incontri, neanche a dirlo, ben impressi nella memoria.
Giovanni Carnio
