Leyan, 16 anni, voleva studiare giurisprudenza “ma vista la totale impotenza del diritto internazionale, ho deciso che voglio fare la giornalista”. Khader, 20 anni, studente di ingegneria informatica, musicista, è stupito di essere in Italia ma “di non essere mai andato a Gerusalemme che, pure, dista 5 minuti dal mio villaggio”.
Sono due dei giovani che mercoledì 15 ottobre, al Liceo “Stefanini” di Mestre, si sono raccontati davanti ai loro coetanei mestrini. Lo Stefanini ha accolto 64 persone: 42 ragazzi e 4 animatori provenienti dall’Ucraina e 14 ragazzi e 4 animatori dalla Palestina.
Ospiti di 50 famiglie della Rete per la pace della Riviera del Brenta, realtà “dal basso” composta da comuni, parrocchie, associazioni, famiglie, che per il secondo anno si impegnano a continuare il dialogo e la collaborazione tra i popoli, a partire dall’incontro concreto con giovani provenienti da zone di conflitto.
Quello della Rete per la pace è un modello di comunità aperta dove ogni realtà civile e religiosa partecipa con la propria fisionomia e le proprie risorse. “Dove l’accoglienza e la solidarietà ha il sapore di un futuro che si vuole costruire con i piccoli gesti, i piccoli passi. Costanti”, sostiene Paolo Dalla Rocca, tra i promotori.
L’incontro allo Stefanini, Liceo che ha recentemente aderito alla Rete Scuole per la pace (Centro Studi Antonio Papisca per i Diritti Umani, Università di Padova e marcia per la Pace Perugia-Assisi) organizzato dalla prof.ssa Giovanna Vavolo, ha visto la presenza di 11 classi. Gli studenti hanno potuto ascoltare dalla voce di loro pari il raconto di una quotidianità totalmente diversa dalla propria.
Uscire da zone di guerra non è stato facile. Per gli studenti palestinesi questo ha in più significato dover attendere un pass richiesto da mesi ma arrivato solo domenica. E poi via: auto fino in Giordania, aereo, Fiumicino, treno preso al volo, senza cena. Ma già qui una prima e bella esperienza. Con la loro gioia contagiosa hanno parlato e fatto amicizia con le persone presenti nel vagone. E il “contagio positivo” è stato tale che è stato loro offerto il cibo nel vagone ristorante di Frecciarossa. La loro storia di dolore e al contempo la loro voglia di vivere che emanano da tutti i pori ha colpito il personale di Trenitalia e i viaggiatori che hanno voluto ascoltarli e accoglierli. Così come ha fatto la rete per la Pace del Brenta.
Così come il Liceo Stefanini, che ha voluto far incontrare ragazzi con ragazzi. Per condividere racconti, paure, sogni.
Due ore passano veloci tra racconti e domande, in inglese, con l’aiuto di Andrea Fusaro uno studente di quinta, che traduce tutto. Anche se i ragazzi capiscono tutto.
Quotidianità. Cioè come sia difficile studiare, muoversi, accedere a informazioni e a Internet. E poi convivere con la paura, con i rumori della guerra, con una storia che parte da lontano e che è stata scritta sulla pelle dei propri cari. Chi picchiato, chi ucciso. Chi ha visto il proprio campo devastato, olivi distrutti e acqua derubata. Ma i ragazzi sono gioiosi. Pieni di speranza. Alcuni di loro sono scout latini. Vengono da Beit Sahour, sobborghi di Betlemme.
Dopo l’incontro, scambi di foto, indirizzi, qualche parola e poi via… a Venezia, dove si terrà l’incontro con il Patriarca Francesco, che li ospiterà a cena. Un’altra Italia esiste. Ed è nel segno della pace.
