di Marco Zane
Molto più di un mero adeguamento “tecnico” alla sentenza della Corte Costituzionale 242 del 2019, la Proposta di Legge regionale di iniziativa popolare che è stata bloccata martedì sera a Palazzo Ferro Fini avrebbe costituito uno scivolamento istituzionalizzato verso una nuova “cultura” del dolore e della morte “somministrata”, come direbbe Papa Francesco.
Roberto Ciambetti, presidente del Consiglio Regionale del Veneto, in sede di discussione aveva rammentato ai suoi colleghi a quale deriva culturale si può gradualmente giungere attraverso dispositivi normativi di questo tipo: «Osservo quanto è accaduto in Europa… ciò che temo maggiormente è il pericolo di vedere aperto uno spiraglio che apra la strada a legislazioni sempre più ampie, che permettano il suicidio anche per semplici depressioni, per quanto dolorose e complesse, come è accaduto in Belgio e nei Paesi Bassi, addirittura per ragazzini e bambini».
Il Santo Padre, come detto, in una catechesi del febbraio del 2022, ammoniva: «La vita è un diritto, non la morte, la quale va accolta, non somministrata. E questo principio etico riguarda tutti, non solo i cristiani o i credenti». Il Papa, pur rigettando ogni forma di accanimento terapeutico, sottolineava l’importanza e il diritto alle «cosiddette “cure palliative”: ogni persona che si appresta a vivere l’ultimo tratto di strada della propria vita, possa farlo nella maniera più umana possibile».
Martedì sera anche la consigliera Anna Maria Bigon, del Pd, l’unica del suo partito ad astenersi, ha riconosciuto queste cure come vera autodeterminazione della persona. Il Veneto è tra le Regioni più sensibili al tema delle cure palliative, ma come riportato dalla stessa consigliera Bigon, sono più di 40 mila i pazienti in Veneto che hanno bisogno delle terapie anti dolore e di questi solamente il 40 per cento vi ha accesso.
Vi è infine la questione della competenza della Regione: in tal senso è stato significativo, in dibattimento, il richiamo del consigliere Roberto Bet: «Non c’è un passaggio in tutta la sentenza della Corte Costituzionale che preveda espressamente, in capo al servizio sanitario, un obbligo di prestazione di assistenza al suicidio, mentre vi è un’espressa attribuzione della verifica dei presupposti… Con la presente legge noi, invece, introdurremo per la prima volta nell’Ordinamento Giuridico italiano un obbligo di prestazione… Mi domando: siamo sicuri che possiamo farlo?».
La Proposta di Legge poteva provocare una spirale involutiva, sia sul piano giuridico che nella prassi del sistema sanitario: la tendenza di altre democrazie europee conferma nei fatti i timori espressi da Ciambetti.
Troppo semplicistico e pericolosamente riduttivo, come invece sosteneva il presidente Zaia, affermare che tale Proposta di Legge sia solo una precisazione di tempi e modalità di risposta ai malati. Una norma fa cultura.