Il Natale è calore, quello portato dagli abbracci di chi ci vuole bene. È la festività più sentita in assoluto ma, ora che le feste sono alle porte, si sta avverando ciò che molti speravano di poter evitare: dover rinunciare alla gioia dello stare insieme, alle tavole imbandite e allo scambio dei doni.
«Il Natale è relazione. È la ricorrenza che celebra la condivisione e la dimostrazione dell’affetto che mantiene e rafforza i legami familiari» spiega la psicoterapeuta Elisa Davi, operatrice del Consultorio diocesano Santa Maria Mater Domini della sede di Venezia. Ora però che questa particolare fase storica chiede di imparare a convivere con le restrizioni anti-contagio bisogna rinunciare al Natale? Certo che no. Salvare il valore del Natale dalle grinfie del Covid, il Grinch di quest’anno, è possibile, basta riuscire a modificare alcune tradizioni radicate: «Le azioni strutturate e ripetitive che intervengono nelle tradizioni agiscono come un ammortizzatore dell’ansia, perché rendono il nostro mondo più prevedibile. A queste fa capo la nostra memoria sensoriale: luci, colori, profumi e sapori che rappresentano tutta una serie di sensazioni che non proviamo in altri momenti dell’anno – spiega la psicoterapeuta -. Rinunciare alle tradizioni può perciò scatenare emozioni quali rabbia, tristezza, frustrazione e sconforto, portando a pensare che il Natale possa perdere di significato. Ma non è vero».
A correre in aiuto è allora la resilienza, da molti sperimentata forse senza accorgersene già con il primo lockdown: «In termini prettamente psicologici questa si riferisce alla capacità delle persone di affrontare e superare un evento traumatico o un periodo di difficoltà». Per tradurre concretamente in azioni di resilienza il Natale le parole chiave sono allora flessibilità e creatività: «Bisognerà creare nuove tradizioni per poter continuare ad esprimere il nostro affetto e vicinanza verso gli altri. Queste permetteranno di mantenere il significato simbolico del Natale, apportando però sul piano pratico dei cambiamenti» spiega Elisa Davi. Bisogna quindi pensare ad alternative originali per dimostrare condivisione e affetto e salvare la bellezza del Natale: si possono per esempio preparare delle prelibatezze per i parenti e consegnargliele in anticipo, se la distanza lo permette. Ai famigliari lontani con cui non è possibile scambiare i regali si può invece scrivere in una lettera l’affetto che si sarebbe dimostrato di persona.
Lo stesso lo possono fare i bambini con i nonni, esprimendo la voglia di stare con loro: «Così si insegna ai più piccoli a mantenere la parte relazionale, rendendoli partecipi della situazione». Anche la tecnologia, come molte famiglie hanno già sperimentato a Pasqua, ancora una volta verrà in aiuto durante le festività grazie alle videochiamate. La distanza infatti non è per forza sinonimo di isolamento: «Possiamo trovare un modo per essere vicini anche senza poterci abbracciare o mangiare il panettone insieme. Il distanziamento fisico non è il distanziamento sociale», chiarisce la psicoterapeuta. Per quanto riguarda invece le persone anziane che, lontane dai propri cari e prive di dimestichezza con la tecnologia, dovranno passare il Natale da sole è importante che riconoscano ugualmente la tradizione: «Dovranno prendersi cura di loro stesse addobbando ugualmente la casa e preparando un pranzo diverso dal solito. Non rinuncino al Natale perché è una cura per l’anima». Oggi ci viene chiesto di anteporre un bisogno a lungo termine, ovvero evitare l’aumento dei contagi, ai nostri bisogni a breve termine, trascorrere del tempo di qualità insieme. Da tutto questo allora deduciamo che il Natale al tempo del Covid-19 ci insegna ad ampliare il nostro raggio di azione: «Ciò che può sembrare una rinuncia personale è in realtà un gesto di protezione verso i nostri affetti e quelli degli altri» conclude la psicoterapeuta, sottolineando come l’emergenza sanitaria ci faccia allora riscoprire l’importanza dell’amore e del rispetto verso il prossimo. E, in fin dei conti, non è proprio questo il vero significato del Natale?
Francesca Catalano