Tre primari al timone, tutte le intensità di cura contro il virus e un parco Covid da 78 posti letto, aumentabili in base alla domanda dei pazienti. Più la nuova attività diagnostica, l’ossigeno potenziato, i caschi cPap, i ventilatori, le macchine ad alto flusso e il videomonitoraggio a distanza.
Da un mese la Covid area diffusa dell’ospedale Civile di Venezia ha allargato i confini e potenziato le armi. A Rianimazione e Malattie infettive, ora si sono aggiunti i quattro corridoi blindati e “total Covid” di Medicina. Si tratta di un assetto anti Coronavirus capace di aumentare o diminuire le sue dimensioni a fisarmonica, anche grazie alla conformazione ideale del reparto di Medicina interna, composto da quattro sezioni indipendenti l’una dall’altra.
Oggi l’area Covid del Civile è capace di combattere il virus con ogni grado d’intensità di cura: in Terapia intensiva, al secondo piano del Padiglione Semerani, trovano spazio i 10 letti a massima intensità di cura; in Malattie infettive, al piano terra del padiglione San Francesco, ci sono i 19 posti letto Covid ad alta intensità di cura e in Medicina interna, al quarto piano del padiglione Jona, nei quattro corridoi dedicati al Covid sono ospitati altri 49 letti ad intensità di cura intermedia o bassa, alcuni dei quali costantemente videomonitorati dalla cabina di comando degli infermieri.
In più, 4 posti fanno da riserva in Osservazione breve intensiva e altri 4 (per sospetti Covid) sono attivi nell’area grigia del Pronto soccorso, al primo piano del padiglione Semerani.
Andrea Bonanome e Marco Meggiolaro, rispettivamente primari dei reparti di Medicina interna e di Rianimazione del Civile, assieme a Sandro Panese, primario dei reparti di Malattie infettive degli ospedali di Venezia e di Mestre, con la stretta collaborazione della vicaria Erika Morelli, hanno preso le redini della Covid area veneziana. Assieme a loro combattono il virus 26 medici specialisti (12 internisti, 10 rianimatori e 4 infettivologi), 71 infermieri e 36 operatori socio sanitari.
“Tutte le aree Covid dell’Azienda sanitaria, da Dolo a Mestre al centro storico Veneziano, lavorano in sinergia, favorendo un interscambio continuo di nozioni e competenze – spiega il direttore generale dell’Ulss 3 Serenissima Giuseppe Dal Ben -. Questo riguarda non solo gli specialisti, ma anche i tecnici, gli infermieri e gli operatori socio sanitari, a tutti i quali va il mio più sentito ringraziamento per il lavoro che stanno svolgendo in questa fase delicata della pandemia”.
Ai comparti Covid dell’ospedale veneziano, nelle ultime settimane è stata potenziata l’assistenza respiratoria e il monitoraggio dei pazienti, a partire dal potenziamento dell’impianto di distribuzione dell’ossigeno. Ai monitor fissi si sono aggiunti quelli portatili per il controllo dei parametri e il controllo delle stanze a distanza. Ci sono poi nuovi ventilatori, nuovi caschi cPap e nuove apparecchiature per la somministrazione di ossigeno ad alto flusso.
Era la domenica del 23 febbraio scorso, quando il Civile ha accertato che due suoi pazienti anziani della Terapia intensiva, due veneziani, erano positivi al Coronavirus. Si trattava del terzo e del quarto caso in Veneto, due giorni dopo il primo paziente riscontrato a Vo’ e il secondo paziente transitato a Mirano e Dolo. “Ricordo ancora quella telefonata al mattino – racconta Bonanome -: due tamponi positivi in Rianimazione. Sono corso in reparto. Si è deciso di tamponare tutto il personale e di evacuare molti spazi, per sanificarli. Da quella giornata è cambiato tutto”.
Da quel principio, che ha dato il via alla prima ondata di contagi, a questa seconda venuta epidemica, il Civile di Venezia è riuscito a rivoluzionare il suo assetto anti Covid, passando da un’ampia zona grigia e posti letto contingentati a una zona grigia più contenuta, di veloce accesso e uscita, e 78 posti letto da moltiplicare o diminuire al bisogno.
Nel corso della prima ondata un paziente che accedeva con sintomi sospetti Covid al pronto soccorso dell’ospedale di Venezia, e le sue condizioni necessitavano di un ricovero, veniva prima collocato nell’area grigia isolata ricavata al quinto piano del padiglione Jona, appartenente sempre al reparto di Medicina e gestita in collaborazione con Geriatria. In questa area grigia i pazienti venivano curati e trattati come fossero comunque positivi: era una zona filtro, utilizzata in attesa dell’accertamento di positività, che richiedeva, nei primissimi tempi, almeno 24 ore. Se positivi, in base alla loro gravità, i pazienti venivano trasferiti in Malattie infettive o in Rianimazione, oppure destinati ad altro ospedale dell’Ulss 3.
In questa seconda ondata, grazie all’attività diagnostica che si è resa più veloce, la vecchia zona grigia è stata smantellata perché aveva perso di utilità. La nuova zona grigia, più circoscritta, è stata collocata in una porzione isolata del Pronto soccorso. Quando in breve tempo i sospetti Covid che vi accedono risultano positivi, in base alle loro condizioni cliniche possono trovare spazio in Terapia intensiva, se molto gravi; in Malattie infettive, e da alcune settimane anche in Medicina, se hanno comunque bisogno di supporti respiratori importanti; o, se meno gravi, di un regime di cura standard.
“La nuova capacità diagnostica e terapeutica acquisita dai reparti – spiegano i primari – permette poi di avere un alto indice di tourn over dei pazienti, con dimissioni rapide per chi è presto in via di guarigione”.
“I letti Covid del Civile sono comunque in grado di aumentare o diminuire a fisarmonica in ragione delle esigenze dell’Azienda sanitaria, delle esigenze dei pazienti, delle esigenze di questo ospedale e delle esigenze dei restanti ospedali dell’Ulss 3 – spiega il direttore ospedaliero Fabio Graceffa -. Allargando in queste settimane le zone dedicate al Covid del Civile, abbiamo moltiplicato anche le strutture accessorie, come i filtri, i percorsi “puliti” e i percorsi “sporchi”, garantendo il massimo della sicurezza a pazienti e personale”.
“Il Covid, come tutte le patologie gravi – conclude il primario Meggiolaro – va nei casi più importanti a compromettere in modo rilevante l’apparato neuromuscolare. La riduzione dei regimi sedativi e la riabilitazione precoce diventa quindi fondamentale. Anche sui pazienti Covid la nostra Rianimazione sta studiando e affinando le tecniche su cui lavoriamo ogni giorno per quanto riguarda la riduzione della sedazione, a vantaggio della più rapida ripresa dei pazienti poi dimessi. Anche sui pazienti affetti da Coronavirus, quindi, una sedazione minore diminuisce i danni dell’immobilizzazione dovuta alla permanenza dei pazienti in terapia intensiva”.