È stato un anno tristemente da record: in centro storico, a Venezia, nel 2020 sono nati 240 bambini (i dati sono dell’Ufficio Statistica del Comune). Mai così pochi in questo secolo. Per rendersi conto dell’entità di questo numero basterà dire che vent’anni prima, nel 2000, i nuovi nati a Venezia erano stati 564. E già erano in calo rispetto non solo rispetto agli anni del baby boom ma anche a quelli successivi di fine XX secolo. Poi, in questo ultimo ventennio, il progressivo, ulteriore decremento, con una diminuzione particolarmente drastica proprio l’anno scorso: nel 2019, infatti, i neonati erano stati 331, una novantina in più. E non si tratta solo della conseguenza inevitabile del calo della popolazione complessiva nella città d’acqua. Perché è vero che nel 2000 i residenti erano 66mila, mentre l’anno scorso si è chiuso a quota 51mila, con un calo di circa il 25% nel ventennio.
A fronte del calo dei residenti, infatti, quello dei nuovi nati è stato doppio, nell’ordine del 50% rispetto ai numeri di inizio secolo. Situazione molto pesante anche nelle isole: Lido-Pellestrina registra 89 nuovi nati, ma anche in questo caso siamo pressoché al dimezzamento rispetto all’anno 2000, quando erano stati 174. Ugualmente dicasi per Murano e Sant’Erasmo, scesi a 19 contro i 38 di vent’anni prima. Peggio ancora a Burano e Mazzorbo, che l’anno scorso hanno visto 10 fiocchi rosa o azzurri contro i 28 di inizio millennio. La crisi della natalità a Venezia e nelle isole è assai meno imponente se si guarda alla terraferma veneziana, dove l’anno scorso sono nati 1267 piccoli. Meno rispetto al 2000, quando si registrarono 1462 bebè, ma il calo, nei quartieri di terraferma, rimane contenuto al 15%. Gli stranieri residenti, naturalmente, aiutano nella tenuta delle nascite. Ma il centro storico vive da decenni una crisi demografica che ricomprende tante cause. (G.M.)