È mancata serenamente, nella sua abitazione al Lido di Venezia, Yvonne Girardello, la prima hostess d’Italia.
Aveva da poco compiuto cento anni. Quando, nel 1945, iniziò a volare, l’Italia era stretta in un groviglio di macerie: Era passata la distruzione delle bombe- ricordava tempo fa in un’intervista a Gente Veneta – eravamo dentro un tunnel che sembrava infinito ma, cessati gli echi del conflitto, ci si rendeva conto che tutto era possibile perché… c’era ancora tanta voglia di vivere».
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Già nel 1943, durante la guerra, era impiegata delle officine aeronavali all’aeroporto Nicelli del Lido. E lì, in quell’anno, volò per la prima volta a bordo di un trimotore Junkers Ju 52.
Il suo lavoro però, allora, consisteva nel seguire e registrare le varie fasi di manutenzione degli aerei, un compito di precisione che la portava anche a muoversi per il Lido con un rudimentale motorino.
Infatti, durante il periodo bellico, le officine aeronavali erano talmente impegnate da non avere spazio a sufficienza presso i propri hangar e così i dirigenti si trovavano costretti ad “improvvisare” delle officine in altre sedi; una di queste, dedicata alla revisione delle ali, era ubicata presso i sotterranei dell’hotel Excelsior.
Poi, nella seconda metà degli anni ’40, la rinascita della compagnia aerea “Transadriatica” e lei, quasi per caso, chiamata ad essere la prima hostess d’Italia.
I ricordi vanno al mattino del primo volo Venezia-Roma in cui il Patriarca Adeodato Piazza benedì il velivolo, un Douglas DC 3 Dakota, un aereo da trasporto, lasciato dagli americani all’aeroporto di Napoli Capodichino e trasformato in versione passeggeri.
Nei successivi cinque anni, la signora Yvonne volò quasi ogni giorno su varie rotte lungo i cieli d’Italia, di Francia, d’Austria e d’Ungheria, raccogliendo un’infinità di aneddoti in parte trascritti in un suo libro.
Tra i suoi ricordi anche il dialogo con un attento Domenico Modugno sul panorama fuori dal finestrino: monte Fiascone, San Marino, il Lago Transimeno…
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Ma anche ricordi paurosi, legati ad interminabili istanti sopra il mare davanti a Cagliari, quando un problema alla pompa di benzina fece “piantare” entrambi i motori dell’aereo mandandolo rapidamente in picchiata. In quel silenzio, che sembrò anticipare una fine inevitabile, la tensione fu tale che nella cabina si riuscì a percepire il ronzio di una mosca che, ignara dell’imminente impatto col Tirreno, volava sbattendo contro un finestrino. Solo il sangue freddo dei piloti, che azionarono un comando manuale, riuscì a scongiurare la tragedia facendo ripartire i motori prima che fosse troppo tardi.
Poi, nei primi anni Cinquanta, la decisione di diventare “ground hostess”, e quindi di rimanere a terra facendo parte del personale di varie compagnie come la LAI (Linee Aeree Italiane), che in seguito venne trasformata in “Alitalia”.
«Sono felice e molto soddisfatta della mia vita», diceva in occasione della festa per i suoi cento anni. «Ho avuto l’opportunità di girare il mondo e di fare ciò che più amavo. Un segreto che vorrei comunicare a tutti, per una vita riuscita, è quello di rispettare sempre sé stessi e il prossimo. E’ quello che anch’io ho sempre cercato di fare con gioia».
(Giorgio Malavasi – Lorenzo Mayer – Riccardo Roiter)