Da qualche mese nel quartiere Cita di Marghera, in Via Longhena 5, c’è anche il corniciaio: infatti da Venezia si è trasferito Mario Gabbiato, che aveva il laboratorio in Campiello San Tomà, zona dei Frari, dove dal 1989 continuava l’attività che il padre Bruno ivi aveva esercitato nei vent’anni precedenti.
Quando muore il padre, nel 1989 appunto, ne continua l’attività, che in parte aveva già imparato da lui. D’altra parte, secondo Gabbiato, «oggi l’unica qualità del corniciaio è il buon gusto e un po’ di cultura artistica, perché con le macchine si fa tutto il resto, mentre una volta c’erano solo il martello e i chiodi».
Gabbiato, nato a Venezia nel 1950, prima di fare il corniciaio aveva seguito studi classici e filosofici e nei primi anni di vita della Cooperativa Realtà di Marghera ne è stato coordinatore delle attività. Ha lavorato anche in editoria, in tipografia e all’Ufficio Stampa della Biennale di Venezia.
Per trent’anni Gabbiato aveva lavorato bene a Venezia come corniciaio con i clienti, mentre ai turisti offriva una ventina di stampe e poster di sua edizione, riguardanti Venezia e mai prima pubblicati. «Negli ultimi anni questo interesse dei turisti è diminuito di molto, perché sono più interessati… all’enogastronomia».
Poi sono sopraggiunte anche la crisi dovuta al Covid e quella generale, che gli hanno suggerito di chiudere l’attività a Venezia, divenuta poco remuneratva e troppo costosa, e di continuarla alla Cita, dove tra l’altro egli abita da 40 anni e ha trovato prezzi più accettabili.
«Non ho voluto chiudere l’attività – prosegue – ma continuarla con animo più tranquillo e senza problemi né di costi alti né di acqua alta». Con l’ultima acqua granda del 12 novembre 2019 infatti ha avuto notevoli danni in negozio. Senza dimenticare poi che a Venezia i trasporti e la mobilità sono più scomodi e costosi, il che si ripercuote anche sui prezzi dei materiali.
Adesso qui nel nuovo negozio della Cita, anche se temporaneamente poco visibile, perché nascosto dall’impalcatura dei lavori di ristrutturazione del palazzo, i clienti cominciano a venire. E per gli abituali e vecchi clienti di Venezia Gabbiato si è «impegnato ad andare da loro, per prendere direttamente la commissione, e poi riconsegnare a domicilio il lavoro finito, senza aggravio economico… basta che mi chiamino al n. 340.495.15.92».
A Venezia ormai sono rimasti 5 corniciai, secondo Gabbiato, «ma c’è anche una crisi di artisti, che producono le opere da incorniciare. Ricordo di aver conosciuto in questi anni di attività una settantina di artisti operanti in centro storico…: e adesso?».
Anche il lavoro di corniciaio è evoluto: ci sono macchine che incorniciano dall’inizio alla fine in modo standard, ma Gabbiato lavora solo con chiodi e martello, una sega circolare e una macchina per passepartout con taglio a 45 gradi, per dare il senso della profondità. E qui il discorso cade sul termine francese passepartout, che vuol dire che passa, va bene per tutto, ovunque, come la chiave universale in grado di aprire numerosi tipi di serrature. In effetti, in periodo di crisi economica, in Francia si pose il problema di adattare e riciclare cornici più grandi a quadri più piccoli e di varie dimensioni, per cui il passepartout, ritagliabile di larghezza diversa, consente questo adattamento. Pare che ciò sia avvenuto ai tempi di Maria Luisa d’Austria, moglie di Napoleone Bonaparte (nota anche come Maria Luigia di Parma, perché dopo la sconfitta e morte del marito ne divenne duchessa regnante per circa trent’anni), per cui in Francia il passepartout si chiama anche “marie louise”. Per i nostri giorni un bell’esempio storico di come il bisogno aguzzi l’ingegno umano a trovare soluzioni anche semplici per un’economia e uno sviluppo sostenibili.
Gino Cintolo