Una diagnosi di Covid e partiva il ricovero. Ma è un ricordo della prima ondata. È con l’afflusso massivo di urgenze Covid della seconda venuta epidemica che il Pronto soccorso di Dolo, il primo filtro del Covid hub della provincia veneziana, ha affinato la diagnosi, tanto da comprendere in alcuni fondamentali passaggi diagnostici chi destinare ai reparti Covid e chi, gestibile in autonomia, inviare a casa con la terapia e l’assistenza territoriale. “Nella prima ondata, rilevata la presenza del virus nei pazienti, ricoveravamo quasi tutti. Ora filtriamo in base alla gravità, e questo aiuta molto anche a non sovraccaricare i reparti” dice il primario Andrea Pellegrini.
Dopo analisi cliniche e strumentali ad hoc fatte al Pronto intervento dolese, più di due pazienti su cinque vengono dimessi. Ma prima di consegnarli alla gestione domiciliare di Usca, Sisp, Adi e medico di famiglia, vengono educati all’automonitoraggio: nell’eventualità anche di un lieve peggioramento dei parametri, dovranno tornare al Pronto soccorso. È lo stesso reparto d’urgenza che spesso chiama i pazienti Covid dimessi, a distanza di giorni, per assicurarsi del loro stato di salute.
Il Pronto soccorso di Dolo è diventato così un ammortizzatore dell’onda d’urto del virus, un reparto cuscinetto, che ha aiutato a preservare i posti letto dei maxireparti Covid dolesi del 43,5%.
Ricoveri, dal 78% della prima ondata al 56,5% della seconda
Nella prima ondata, fino ad agosto, i tamponi fatti al Pronto soccorso sono stati 1.838. Risultati positivi 77 volte (4,2%). Tra questi pazienti positivi, ne sono stati ricoverati il 78%, “perché più anziani e più gravi, anche perché attendevano a casa fino ad aggravarsi prima di rivolgersi a noi” ricorda il primario. (Nel picco della prima ondata, dal 2 marzo al 5 aprile, i tamponi sono stati 1.435. Positivi il 17%, in numero assoluto 243).
Considerando ancora i soli tamponi fatti in ospedale, il Pronto soccorso di Dolo ha quindi eseguito in questa seconda ondata 1.982 test. Di cui 482 sono risultati positivi, il 24,3%. Di questi, 210 sono stati dimessi dal Pronto soccorso: il 43,5%, contro il 22% di dimessi della prima ondata. “L’infezione ora è più diffusa, colpisce anche fasce d’età più giovani, spesso è meno grave, e questo ci permette di aumentare la percentuale di dimessi”.
“Scremare tante persone che possono essere gestite in sicurezza a domicilio – dice il direttore Generale dell’Ulss 3 Serenissima Giuseppe Dal Ben -, vuol dire non sovraccaricare i reparti che in questa seconda fase sono stati impegnati dall’alta affluenza dei pazienti con Coronavirus”.
Ricovero o domicilio? Con la diagnosi si decide così
Oggi ricovero o dimissione spesso si decide sulla base di precise valutazioni, affinate nei mesi grazie alla diagnosi sempre più precisa. “Adesso conosciamo di più della malattia, abbiamo maggiore dimestichezza, sappiamo quando può essere rischioso dimettere e quando possiamo farlo in coscienza – racconta il primario -. Per prima cosa consideriamo l’ossigeno nel sangue grazie alla precisione dell’emogasometro. Poi c’è l’età: più il paziente è giovane, minore è il rischio. Poi c’è la comorbilità: quante malattie ha il paziente oltre all’infezione da Covid? Se sono presenti diabete o ipertensione o pneumopatie croniche siamo più propensi al ricovero. Poi usiamo l’ecografia, perché abbiamo imparato che le caratteristiche della polmonite da Covid spesso si nascondono alle radiografie. Nel caso rimangano dubbi, chiediamo infine la consulenza dei colleghi pneumologi, con i quali condividiamo la decisione del ricovero o della dimissione”.
E dopo le dimissioni…
Un affinare la gestione del paziente Covid, questa, che avviene in alleanza con i servizi territoriali dell’Ulss 3. È compito di Sisp, il Servizio di igiene e sanità pubblica, di Usca, le squadre speciali di continuità assistenziale, del medico di famiglia e di Adi, l’Assistenza domiciliare integrata, raccogliere la staffetta del Pronto soccorso per continuare, se necessario, il percorso terapeutico e il monitoraggio del paziente Covid a casa. Ma prima della dimissione dal Pronto soccorso “diamo anche indicazioni domiciliari ai pazienti sull’automonitoraggio, perché in caso di peggioramento è giusto che si rivolga di nuovo a noi” rassicura Pellegrini.