«Abbiamo una nuora che è molto brava nel suo mestiere: è dentista, secondo noi è la migliore. E ci ha detto che a 50 anni sarà ricca: è il suo progetto di vita. È una gran brava mamma dei suoi bambini ma mai, mai, mai lei pensa che lassù esista Qualcuno. Lei sa che noi siamo dei catechisti. E noi sappiamo dal primo giorno che lei si dice atea. Noi abbiamo il miglior rapporto con lei, ma se nella conversazione entra qualcosa che conduce verso Dio, lei chiude gli occhi. I suoi bambini e nostri nipoti, di sette anni e tre anni e mezzo, sanno che, quando viene, la nonna racconta la Bibbia. E mia nuora non mi ha mai impedito di farlo».
In questo racconto familiare e intimo, confidato da Jacqueline e Claude Lagarde, c’è l’essenza della Catechesi biblica-simbolica: impegno e libertà. Racconto della Parola di Dio e pazienza in attesa che diventi vita per chi la ascolta.
La Parola, l’impegno e la libertà sono i cardini per i francesi Lagarde, marito e moglie che hanno ormai passato l’ottantina e che, se nel fisico cominciano a mostrare qualche fragilità, nello spirito e nella mente hanno la freschezza e la determinazione dei giovani.
Nei giorni scorsi erano a Mestre, invitati dalla parrocchia di San Lorenzo Giustiniani tramite il suo parroco, don Sandro Manfrè. Per tre giorni hanno spiegato o ribadito la sostanza del loro modo di evangelizzare, partendo dalla Parola. Ad ascoltarli una sessantina di persone: mestrini perlopiù, ma anche da svariate città d’Italia.
La questione di fondo – spiega Claude – «è che l’uomo è costituito da due dimensioni: l’orizzontalità e la verticalità . Ma nel nostro tempo tende a dimenticarne una: quella verso l’alto. Perciò vive una vita piatta e vuota. È il problema dell’Europa: una vita piena di cose ma piatta».
«Si vive attaccati alle cose, al vuoto delle cose», echeggia Jacqueline: «Perciò, se ho un’esperienza di pienezza e ricchezza che posso testimoniare a chi vedo che non ce l’ha, lo faccio, perché penso che possa risvegliare nell’altro qualche cosa».
Come si fa? «Evangelizzazione – spiegano i coniugi – non vuol dire spiegare la morale o i dogmi: è invece donare la verticalità. Cioè apprendere ascoltando la Parola di Dio. La catechesi biblico-simbolica vuole educare l’uomo alla verticalità. Perché la fede va scoperta, non va trasmessa attraverso ragionamenti. Con questo metodo la testa delle persone cambia, si impara ad andare aldilà del senso letterale e a scoprire la verticalizzazione: si apprende a riempire il vuoto. Perché già l’ascolto della Bibbia ti cambia la testa».
Ed è un metodo – ma non una tecnica, sottolineano subito i Lagarde – che si può applicare a tutte le età, a partire dai bambini: «Lo strumento è la narrazione, il racconto. Si parte dai racconti della Bibbia e si lascia che la Parola diventi il mezzo, un po’ alla volta, per legarsi a Dio. Così la cultura biblica, che si immagazzina fin dall’infanzia, servirà quando gli adolescenti inizieranno a porsi domande, a vivere problemi di relazione e affettività, e ritroveranno questi racconti che faranno da specchio ai problemi. Se avranno una cultura biblica – rimarca Jacqueline – avranno dentro un “paesaggio” di Dio e questo servirà loro per le domande della vita. Ma se non hanno questa cultura, su che cosa si baseranno?».
Giorgio Malavasi