I piccoli prestiti adesso vanno, quelli più grandi stentano. La moratoria sulle tasse funziona, ma senza liquidità si rischia di non andare avanti.
È il quadro della situazione, fra tinte grigie e altre un po’ più vivaci, tracciato da Nicola Zanon, direttore di Apindustria Venezia, l’associazione che rappresenta le piccole e medie imprese della città metropolitana di Venezia.
Il problema che rimane è quello di garantire un flusso di soldi sufficiente a tante imprese che, altrimenti, si vedono stoppate nella loro operatività e condotte alla paralisi.
Sembra rientrato, in questi giorni, il problema dei micro-prestiti, quelli da 25mila euro, garantiti al 100% dallo Stato. Ora, anzi, il recente innalzamento del prestito a 30mila euro, con restituzione portata da sei a a dieci anni, potrebbe avviare una seconda ondata di domande.
In effetti qua e là c’è ancora chi lamenta dinieghi da parte delle banche o tempi lunghi per le pratiche. Mediamente però le banche del territorio hanno ormai evaso il 60-70% delle richieste e la percentuale dei “no” si aggira sul 5%.
I “no”, in particolare, si devono al fatto che le imprese richiedenti erano già in sofferenza prima dell’emergenza Coronavirus, oppure erano già inadempienti (per esempio in ritardo di più di tre mesi nel pagamento di rate). Ed è chiaro che lo spirito del provvedimento è di sostenere chi ha avuto danni dalla pandemia, non chi era pericolante già da prima.
Anche le inesattezze formali o la documentazione incompleta allungano i tempi, ma normalmente una richiesta viene lavorata e condotta all’erogazione in due-tre settimane.
«Altra cosa – precisa Zanon – è parlare dei prestiti di maggiore entità. Finora solo il 20% delle richieste ha avuto esito positivo. Per un 30% siamo invece al diniego. E il rimanente 50% ottiene un “sì”, ma con il taglio dell’importo erogato. Vengo adesso da un’azienda che ha ottenuto il 10% di quanto aveva richiesto ed è evidente che questi piccoli importi non risolvono il problema della liquidità in questa fase di crisi».
La ragione? Per il direttore di Apindustria Venezia è nella valutazione prudente del rischio fatta dalle banche: «Siccome questi finanziamenti possono arrivare al 25% del fatturato del richiedente, in caso di default dell’azienda la banca andrebbe in difficoltà per la quota non garantita dallo Stato; quindi preferisce concedere importi più bassi di quelli richiesti e rischiare poco».
In questo modo, però, non si risolve il problema di chi – capita spesso – unisce due problemi: il mancato fatturato per i due, tre mesi di chiusura dell’attività e l’insoluto per i mancati pagamenti dei clienti, che non saldano le fatture dei mesi precedenti il lockdown. La strada per uscire dal tunnel, insomma, è ancora lunga.
Giorgio Malavasi