E’ l’associazione più antica di Venezia. Fondata nel 1867, la Società di Mutuo Soccorso Carpentieri e Calafati è una delle realtà storiche non solo di Castello, ma di tutta Venezia. E mantiene inalterato il suo spirito originario, aggiornandolo con proposte nuove e innovative per la città. «Erede della “Scola piccola dei Calafai de l’Arsenal”, l’associazione prevede da statuto la mutua assistenza tra soci. Con le quote sociali sostiene un programma di assistenza sanitaria integrativa per i soci», spiega il presidente Cesare Peris, in carica dal 1997, che sottolinea come la Società sia aperta a tutti i veneziani – uomini e donne – che facciano richiesta di iscrizione. Compresi i “veneziani d’adozione”.: «Sempre di più in questa città ci sono persone che non sono nate qui, ma si sono trasferite, molto sensibili sul piano sociale e culturale»
E l’associazione, che sabato 3 dicembre riceverà la Visita del Patriarca Francesco, con i suoi 190 soci è attiva proprio in questi ambiti: «Ci impegniamo su tre filoni, quello culturale, quello ricreativo e quello didattico. Proprio di recente – riferisce Peris – per il 150° della fondazione abbiamo restaurato il Mussin, un’imbarcazione tradizionale in legno. Un’operazione culturale cui ha partecipato anche il “Consorzio legno della Regione Veneto”, a simboleggiare l’antico legame della città, dai tempi della Serenissima, con i boschi del Cansiglio. Poi stiamo lavorando come partner dell’iniziativa comunale “Ocio ciò” e infine abbiamo avviato un progetto didattico con le scuole elementari di Venezia e Mestre intitolato “Dai Zattieri ai Calafati”, che segue il percorso che il legname faceva un tempo dal Bellunese alla Serenissima, dove veniva trasformato in imbarcazioni. Collaboriamo per questo con il comune di Longarone e abbiamo già coinvolto 14 classi».
Lo squero di Sant’Isepo, donato da un socio. Per sostenere i costi dell’attività l’associazione (che ha sede a Castello, in calle San Gioachin) può contare anche su alcune proprietà donate in passato dai soci. Uno dei doni più importanti, ma in questo caso per nulla redditizio, anzi, è l’antico squero di San Isepo, donato nel 1878 dal socio Giuseppe Tonello. «Una donazione – precisa il presidente – subordinata all’esistenza stessa della nostra società: nel caso infatti l’associazione dovesse sciogliersi, allora lo squero, così prevede il dettato testamentario, passerebbe al Comune. Sulla questione ci sono stati in passato, ma anche di recente, alcuni punti sollevati dall’amministrazione comunale, perché nel lascito testamentario, pur parlando esplicitamente di dono si fa anche riferimento a un usufrutto». E a partire da questa presunta “ambiguità” il Comune si rende sordo alle proposte di ristrutturazione e di riattivazione. Un peccato, perché lo squero è oggi una struttura dalle grandi potenzialità inespresse, utilizzato fino al 2015 in minima parte per un’attività di cantieristica (ora spostata alla Giudecca, mentre un’altra attività è nello spazio adiacente) e per ospitare alcune imbarcazioni di una remiera. Ma servirebbe un grande restauro per renderlo utilizzabile: «E noi avremmo intenzione di aprirlo alla città, con attività non speculative, ma sostenibili sul piano economico, sia per residenti sia per turisti. Promuovendo il turismo stanziale, ma anche un diverso modo di approcciare la città da chi ci viene per poche ore».
Un corso per costruire gondole. L’idea è quella di destinare una parte dello squero ad insegnare ai giovani come si costruisce una gondola. «Stanno scomparendo gli squerarioli, ma siamo stanchi di parlare solo dell’ultimo squerariolo, dell’ultimo battiloro ecc. Qui si potrebbe far partire un corso per i giovani, visto che vicino abbiamo l’istituto Nautico dove c’è il corso di manutenzione e costruzione di barche», spiega Peris. Un’altra parte dello squero potrebbe essere riservata alla manutenzione da parte dei privati delle proprie barche tradizionali: «Sembra un paradosso ma in tutta Venezia non c’è uno spazio dove si possa portare in secco la barca e riverniciarla, per fare un esempio. Si deve andare in qualche cantiere oppure lo si fa abusivamente, riversando le vernici in canale. Qui invece si potrebbe fare, con una piccola tariffa da pagare, ovviamente non speculativa». Infine qui potrebbe essere ospitata una scuola di voga: «Un luogo inclusivo per tutti, anche per chi viene ad abitare a Venezia e vuole conoscerla più a fondo. Si potrebbe anche mettere a disposizione delle barche per chi già sa vogare e voglia fare un piccolo giro: come in altre città si noleggiano le biciclette. E in più ci sarebbe uno spazio aperto per l’aggregazione».
La visita del Patriarca. Progetti che potranno partire solo a condizione di restaurare la struttura, per un costo totale (cifra che si potrebbe suddividere in più tranche) di 2 milioni di euro. «Il Comune potrebbe destinare una parte della tassa di ingresso per questo», conclude Peris che al Patriarca sabato 3 donerà una casetta di cartone, una realizzazione artigianale di cui era maestro un socio oggi defunto, a simboleggiare la fragilità di Venezia e una scatola con “Cero, Santin e Pan”, quello che si dava anticamente ai soci quando si iscrivevano. Il “santin” reca l’immagine di San Foca, santo di origine greca protettore dei marinai, cui è dedicato un altare nella chiesa di San martino, ed è il santo protettore della Società.
Serena Spinazzi Lucchesi