«Shana Tovà, caro Rav! Le trasmetto da parte del Patriarca Francesco gli auguri di buon anno nuovo. Che ogni giorno sia colmo di benedizioni dal Cielo e possiamo vivere tempi felici e pieni di pace».
È il testo del messaggio inviato via sms da don Mauro Deppieri, direttore della Scuola biblica diocesana, al rabbino capo della conunità ebraica di Venezia, rav Scialom Bahbout. L’occasione del messaggio è il capodanno ebraico.
Il primo e il secondo giorno del mese di Tishri – primo mese del calendario lunare ebraico – si celebra infatti la festività di Rosh Ha-shanà, il capodanno. Quest’anno la festa, tra le più sentite e importanti per le comunità ebraiche di tutto il mondo, cade a partire dal tramonto di mercoledì 20 settembre e termina al tramonto di venerdì 22.
Rosh Ha-shanà non è solo un momento di gioia, un benvenuto al nuovo anno che comincia (il 5778 secondo il calendario ebraico), ma anche il primo dei dieci «Yamim Noraim» («giorni penitenziali»), cioè un periodo di particolare introspezione, riflessione, ed espiazione dei peccati commessi, che termina con il digiuno di Kippur (29 e 30 settembre)
Il capodanno ebraico si festeggia anche in famiglia: terminate le preghiere in sinagoga si prepara infatti il «Seder», una cena rituale in cui si mangiano, accompagnate da benedizioni, alcune pietanze tipiche e simboliche, tra cui le mele con il miele – come buon auspicio per un anno dolce – zucca, pesce, fichi, melograno.