«Nella vita affettiva, nel rapporto con la famiglia d’origine o nella scelta del percorso professionale: le scelte della vita funzionano quando c’è un orientamento. A volte possono anche risultare controcorrente, ma hanno valore se c’è un obiettivo. Ecco, questo è il messaggio che grazie al percorso dei Dieci Comandamenti vogliamo trasferire ai giovani».
Nelle parole di don Gilberto Sabbadin c’è il senso di questa proposta ripartita per il suo terzo ciclo giovedì 28 settembre, nelle chiese di San Giuseppe a Mestre e degli Scalzi a Venezia (nelle foto di apertura e qui sotto).
La formula, pensata soprattuto per ragazze e ragazzi dai 18 anni in su, è semplice: ogni comandamento viene proposto e spiegato nel corso di cinque (mediamente) catechesi consecutive, per poi passare al successivo: «È previsto – prosegue don Sabbadin – un atteggiamento disciplinato di ascolto, che non è però ascolto passivo, ma un aiuto a lavorare nel proprio intimo per mettere in luce alcuni aspetti e l’opportunità di certe scelte. È una catechesi frontale, con un predicatore che presenta il comandamento. Perlopiù, poi, è prevista una testimonianza da parte di una coppia di sposi».
Al termine delle cinque serate si tiene un incontro di preghiera: un momento dedicato alla Parola di Dio e al silenzio personale. Sulla scorta di un brano della Sacra Scrittura ogni persona presente può richiamare il percorso fatto e, nel silenzio, “ruminarne” i contenuti, declinandoli sulla propria condizione personale.
Le catechesi sono affidate a don Gilberto Sabbadin stesso, don Francesco Marchesi, don Lorenzo De Lazzari e don Valentino Cagnin. L’iniziativa, che è promossa dalla diocesi di Venezia, prevede anche alcuni momenti di ritiro, nel corso dell’anno: due giorni in cui ci si conosce maggiormente fra i partecipanti e ci sono spazi di condivisione fraterna e occasioni per aprirsi: «Si vuole così aiutare i giovani – sottolinea don Gilberto – a fare un’esperienza di Chiesa. Anche attraverso la fatica dell’ aprirsi e del mettere a nudo qualcosa della propria vita, una persona si sente accompagnata da quei fratelli che almeno per un anno camminano con lei».
«La nostra – conclude il sacerdote veneziano – non è una proposta che si sovrappone ad altri percorsi sacramentali, ma è un’esperienza di Chiesa che vuole allenare i giovani a familiarizzare con i criteri ecclesiali di fraternità e di comunione. Spesso, infatti, prevale l’individualismo e alla fine, però, ciascuno si sente solo. Una delle cose che i giovani partecipanti hanno apprezzato di più nei due passati cicli è proprio il sentirsi accompagnati e sostenuti. E questo è emerso anche nell’incontro che abbiamo avuto con il Patriarca, al termine della scorsa edizione».
Giorgio Malavasi