Due valori essenziali: quello della coesistenza sociale e quello della libertà di giudizio, secondo ragione e fede.
Sono i valori cui guardare, specie in questa fase ancora così drammatica e mutevole, dominata dall’evolvere rapido e doloroso della pandemia. È in questa direzione, verso quelle due stelle polari che il Patriarca Francesco invita a guardare. Lo fa introducendo il tradizionale concerto di Natale che si tiene, nella serata di lunedì 20 dicembre, in basilica di San Marco, protagonista la Cappella Marciana, sotto la direzione del Maestro Marco Gemmani.
Per il Patriarca la suggestione della musica e quella della Basilica veneziana sono di sostegno a una riflessione tutta incentrata sul presente: «Questo tempo – sottolinea – ci sta facendo cogliere il valore essenziale della coesistenza e della corresponsabilità sociale. La vita stessa di una città – e Venezia lo evidenzia in modo particolarissimo – si propone sempre come un sapiente equilibrio di relazioni, soprattutto tra persone. Sì, la centralità della persona risalta soprattutto in momenti come questi in cui si parla molto di “cambiamento d’epoca”, di transizione e di sostenibilità e si pensa di poter delegare alla scienza e alla tecnica ciò che, invece, deve rimanere saldamente nelle mani di un sapere che non risponde solo alla domanda su come si agisce ma anche sul perché si può o si deve agire o non agire, ossia la capacità di discernere e giudicare le scelte della scienza e della tecnica circa le loro potenzialità e scopi».
La centralità del perché si fa ciò che si fa, prima ancora del “come”: è la riaffermazione di un umanesimo che le musiche di Baldassarre Galuppi, al centro del programma della Cappella Marciana, rimarcano.
«Centralità della persona – prosegue mons. Moraglia – significa che la persona va considerata sempre come fine, mai come mezzo, e che la solidarietà tra persone, gruppi e comunità è il vero “cemento” che unisce una città, un territorio, una società e ne garantisce lo sviluppo. La solidarietà, poi, non va intesa come forma esplicita o criptata di assistenzialismo ma come possibilità, offerta a tutti, di percorrere dignitosamente la propria strada; il principio di solidarietà mai può essere disgiunto da quello di sussidiarietà».
Una centralità, quella della persona, che si arricchisce e completa nel momento in cui ci si affranca dal pensiero dominante e dal potere banale e omologante del politicamente corretto. Ma perché questo accada, prosegue il Patriarca Francesco, è certamente utile prendere esempio da un maestro della scrittura e del pensiero, Fëdor Dostoevskij, di cui ricorrono i duecento anni dalla nascita (nasceva, infatti, a Mosca l’11 novembre 1821).
In forza della fede, ricorda il Patriarca, il pensiero di Dostoevskij invita la ragione ad un confronto sempre stringente con la realtà, un confronto che risulta utile anche e soprattutto nel nostro tempo. (G.M.)