«Accomunati dallo stesso desiderio: quello di servire il Signore». Nelle parole dei due giovani seminaristi Niccolò e Christian, c’è la sintesi di quel che significa essere sacerdote e formarsi per diventarlo.
Sabato 25 alle ore 17 nella Basilica della Salute il Patriarca Francesco Moraglia celebrerà, dopo i Vespri della Solennità della Santissima Trinità, il Rito di ammissione tra i candidati all’Ordine Sacro per Per Niccolò Bellini della parrocchia di Chirignago e Christian Vidotto di Caorle. In questa intervista si raccontano.
Come è nata la vostra vocazione?
Niccolò: «La fede è sempre stata presente in famiglia, i miei sono catechisti. E io molto presto ho avvertito la necessità di entrare in un dialogo intimo con il Signore. Ho avuto la grazia di avere dei bravi catechisti e, facendo parte dell’Azione Cattolica, dei bravi animatori. Vedevo come loro e altri membri della comunità parrocchiale sintetizzassero la figura del pastore, la guida di Gesù». La vocazione ha messo radici così: «L’ho capito negli ultimi due anni di liceo. Mi ero sempre pensato sacerdote: i miei amici me lo chiedevano e l’idea non mi era mai dispiaciuto. Ho avuto delle esperienze sentimentali, ma mi interrogavo sul significato per me fosse la paternità. E mi chiedevo in che modo il Signore mi invitasse ad amare. Intanto in parrocchia avevo conosciuto molto seminaristi, poi diventati sacerdoti. Alla fine del liceo ho iniziato a fare alcuni servizi con la Comunità giovanile e ho capito che il Signore mi chiamava a verificare la mia chiamata».
Christian: «Ho sentito la chiamata fin da piccolo. Mi vedevo già sacerdote quando ero bambino. Ho iniziato a fare il chierichetto a 9 anni, poi ci sono stati tanti episodi che mi hanno rafforzato in quella idea. La svolta è arrivata nel 2014 a un campo di orientamento vocazionale, con i chierichetti e i seminaristi. Mi è stato proposto di iniziare un percorso di verifica vocazionale, una volta al mese in Seminario. E ci sono state alcune figure di sacerdoti, come il parroco di allora don Giuseppe Manzato, a darmi l’esempio: il suo amore per Cristo mi ha dato la scintilla. Nel tempo mi chiedevo se quell’idea che avevo fin da bambino sarebbe rimasta o meno. Ci sono state fasi diverse, ma il desiderio è rimasto. Nell’estate della maturità ho sentito che valeva la pena verificare meglio e così nel 2021 sono entrato in Seminario per iniziare il percorso di verifica».
Come sono stati i primi tempi in Seminario?
Niccolò:«Si dice che se vivi bene i primi mesi vivrai bene tutti gli anni di Seminario. La situazione era nuova, era la prima volta che mi trovavo a vivere in autonomia, al di fuori della famiglia, ma mi sono trovato bene. Ho trovato un momento di conversione in più, rispetto a quella che avevo già nel Battesimo e nella Cresima. Il fatto di sapere che sono amato da un Padre, all’interno di fraternità di persone, quella del seminario, è stata una gioia grande. Ho iniziato a vedere questa comunità come qualcosa di grande, a capire cos’è la comunità sacerdotale che ci lega in Cristo. Con il passare dei mesi vengono fuori anche le debolezze: sono una persona estroversa, ma ho anche una certa timidezza. Il Signore chiama alla totalità della conversione a cercare in tutta la nostra persona ad essere trasparente, con le persone, con i superiori, con se stessi. La difficoltà, per tutti, è trovare la nostra identità, nel dialogo con il Signore e che il seminarista deve maturare negli anni. Essere seminaristi non significa avere degli orari, dei compiti, degli atteggiamenti: nella molteplicità si riunifica tutto nella ricerca della verità».
Christian: «Il primo impatto è stato molto bello, l’idea di vivere a Venezia, in riva al Canal Grande… Poi ti rendi conto anche delle difficoltà: emergono le personalità diverse, ognuno ha la sua storia, il suo carattere. Ma la bellezza è che siamo accomunati dallo stesso desiderio: quello di servire il Signore. La fatica che ho provato è stata quella di essere lontano dalla famiglia, anche perché sono il più piccolo di quattro fratelli e per mia mamma non è stato facile vivere l’allontanamento del suo figlio minore. Però anche in questo il Seminario mi ha aiutato a vivere le fatiche, a non arrendersi alle prime difficoltà. I sacerdoti soprattutto mi hanno aiutato a non buttarmi giù».
La vostra giornata tipo?
Christian: «Iniziamo la preghiera delle Lodi alle 6,15, seguite da una mezz’ora di meditazione sulla parola di Dio. Alle 7 c’è la Messa. Poi abbiamo le lezioni, dalle 8,30 alle 13, di Filosofia e Teologia. Poi c’è il pranzo, il tempo di riposo e dalle 15 c’è il tempo studio, che si interrompe alle 17 con la ricreazione: si sta in salotto, si gioca . Alle 17,30 si riprende a studiare, fino alle 19,15 quando c’è la preghiera del Vespro, seguita dall’adorazione eucaristica. Alle 20 c’è la cena, seguita da un momento di riposo, condivisione assieme. La compieta è alle 9,30 quando si conclude la nostra giornata.
Niccolò: «Nel fine settimana, da qualche anno, tutti svolgiamo un servizio parrocchiale in una comunità diversa da quella di origine. Il primo anno solo la domenica, poi il sabato e domenica, dal terzo anno in poi dal venerdì. Mentre i diaconi vanno in parrocchia già dal mercoledì».
Christian: «Iniziamo così a prendere confidenza con la vita in parrocchia, aiutando nel catechismo, con i gruppi, facendo cose anche molto semplici…».
Impressioni di queste vostre prime esperienze in parrocchia?
Niccolò: «C’è una grande diversità tra le parrocchie. Io ho vissuto tre diverse realtà parrocchiali, adesso sono al Lido. Ci si rende conto di quello che sarà il nostro servizio, anche nei suoi aspetti pratici, da un punto di vista sociale, umano. Ci vuole anche spirito di iniziativa, dobbiamo essere noi ad attrarre, soprattutto quando si tratta di giovani».
Christian: «Ho apprezzato anche il fatto di condividere la vita in canonica con gli altri sacerdoti. Si pensa che il sacerdote viva da solo, invece spesso condivide la vita quotidiana con altri confratelli e con i seminaristi. E questo è molto rassicurante».
Cosa vi ha dato, in questo primo tempo di discernimento, il Seminario?
Christian: «La prima cosa è una vita intensa di preghiera. Il fatto di stare in contatto con il Signore non è scontato perché la vocazione al sacerdozio non può essere coltivata senza l’amicizia con il Signore, nella preghiera, nella Messa. Iniziare ogni giorno con un momento di preghiera davanti al Signore è la ragione per cui tu sei qua. E’ da lui che verifichiamo la nostra vita, e con lui facciamo crescere la nostra paternità».
Niccolò: «All’inizio, quando tornavo a casa, mi dicevano: “Ti vediamo diverso. Siamo contenti di vederti contento, hai fatto una scelta coraggiosa”. Io dico che nella bellezza di questa scelta c’è anche una necessità, non si tratta solo di una scelta coraggiosa. Ma è anche affidarsi alla volontà di Dio: sono io che scelgo, ma so che mi posso fidare di Qualcuno che mi rende piena la vita».
Vi spaventano gli anni che vi mancano all’ordinazione sacerdotale?
Niccolò: «Mi spaventa all’opposto, perché sembrano tanti invece già questi tre anni sono stati veloci. Ne vorrei di più per essere più presente davanti al Signore, più presente nello studio.
Christian: «Anche per me questi anni sono volati, so che stiamo facendo un bel cammino di crescita umana e spirituale. E questi anni ci preparano ad affrontare le tante situazioni che incontreremo quando saremo sacerdoti».
Quanto è importante condividere il percorso con gli altri seminaristi?
Niccolò: «Nell’ambito pastorale vedo degli esempi di chi ha più esperienza, vedo anche come ne parlano i parrocchiani e capisco che loro fanno affidamento anche sulla figura del seminarista: questo è molto bello. C’è spazio per un confronto allo stesso livello».
Christian: «Sono come dei fratelli maggiori, riceviamo da loro dei consigli. Abbiamo più o meno la stessa età, quindi è più facile rapportarci e confrontarci. Questo è un ambiente in cui si cresce serenamente».
I momenti della vita del Seminario che vivete con più intensità?
Christian: «Le adorazioni solenni di Carnevale, in cui viene esposto il Santissimo, che si conduce con la serata di Carnevale. E durante questa serata facciamo sempre una piccola recita.
Bello preparare insieme questo momento, ci si mette in gioco».
Niccolò: «Le gite, e poi i periodi che passiamo a San Vito sono dei momenti che ci aiutano, anche nella nostra verifica. E’ bello poi, quando si sta lontani per qualche tempo dal Seminario, renderci conto che ne sentiamo la mancanza. Perché c’è un clima di fraternità e condivisione».
Serena Spinazzi Lucchesi
Niccolò e Christian: «Il nostro desiderio è servire il Signore»
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