Continuano a calare, in Veneto, donazioni di sangue e donatori Avis. Negli ultimi 6 anni, confrontando i dati dal 2013 al 2018, si è registrato un -2,41% di raccolta di sangue intero, un -15,94% di plasma e un -33,31% di multicomponenti e piastrine.
Calati del 3% anche i donatori totali e dell’1% i nuovi iscritti all’Avis.
Se la tendenza non si inverte, per la sanità veneta sarà crisi. Lo dicono i dati presentati dal presidente e dal direttore sanitario dell’Avis regionale Veneto, Giorgio Brunello e Giovanni Lenzo, all’assemblea regionale dell’associazione, ospitata il 13 aprile al Teatro Da Ponte di Bassano del Grappa (Vi). A confrontarsi oltre 300 delegati di Avis a tutti i livelli, medici e rappresentanti delle istituzioni. Presenti l’assessore regionale alla sanità Manuela Lanzarin e il responsabile del Crat (Coordinamento regionale attività trasfusionali) Antonio Breda.
Nell’ultimo anno, in particolare, in Avis si è passati dalle 185.280 alle 184.576 donazioni di sangue intero totali (-704 sacche, pari a -0,38%), dalle 28.330 alle 26.554 donazioni di plasma (-1776, pari a -6,27%) con un incremento da 2.902 a 3.64 (+162) di multicomponenti e piastrine. In Veneto si può donare presso i Centri trasfusionali degli ospedali e presso le Unità di Raccolta in convenzione nelle province di Padova, Treviso e Venezia.
“Il calo di donazioni ci preoccupa sempre di più e non vediamo segnali importanti di inversione della tendenza – ha spiegato Brunello – sappiamo che le cause sono molte. Si viaggia di più, i lavori sono meno stabili, i controlli sanitari molto più restrittivi, gli stili di vita non sempre corretti, il permesso di lavoro per donare sempre più difficile da chiedere. In più, continuano ad essere limitati gli orari di accesso alla donazione nei Centri trasfusionali, il personale medico e infermieristico scarseggia, alcuni centri di raccolta chiudono o si accorpano, i soci donano con meno regolarità, i più anziani smettono per limiti d’età di donare e i giovani vanno a donare molto di rado. Questa situazione va avanti da alcuni anni ed è stata confermata anche dai dati del 2018, anche se per fortuna non si è mai arrivati all’emergenza. Pur calati di 856 rispetto al 2017, infatti, i 130.335 donatori Avis e Abvs (donatori della provincia di Belluno) del Veneto hanno contribuito lo scorso anno all’autosufficienza regionale e per questo vanno ringraziati uno a uno”.
Nello specifico, i donatori attivi in forze nel 2018 all’Avis provinciale di Padova sono stati 24.484, di Rovigo 10.195, di Treviso 31.495, di Venezia 27.085, di Verona 21.121 e di Vicenza 9.588. I donatori dell’Abvs (Belluno) sono stati 6.367.
Statisticamente, il 12,11% dei donatori veneti ha tra i 18 e i 25 anni, il 18,55% tra i 26 e i 35, il 24,02% tra i 36 e i 45 anni, il 28,85% tra i 46 e i 55, il 15,51% tra i 56 e i 65 anni e lo 0,96% oltre i 65 anni. I maschi totali sono il 65,97% (85.982) e le femmine il 34,03% (44.353).
Un piccolo esercito di braccia tese senza le quali si fermerebbero cure, interventi chirurgici, trapianti… perché sangue, plasma e piastrine si possono solo donare. In Italia gratuitamente.
Tutti questi sforzi hanno, però, bisogno di un forte supporto da parte delle istituzioni perché ogni cittadino che si avvicina alla donazione va agevolato e fidelizzato.
Per questo Avis regionale chiede alla Regione maggiore flessibilità: “Non è la domanda che deve adeguarsi all’offerta, ma viceversa. Se le giornate più richieste dai donatori sono il sabato e la domenica, perché non serve chiedere il permesso di lavoro, le aperture dei centri vanno concentrate in quei giorni”, spiega il presidente Brunello.
C’è poi il grosso problema del calo dei medici dedicati alla raccolta del sangue. I Centri trasfusionali potrebbero essere considerati sede di formazione esterna per gli specializzandi in ematologia, i quali potrebbero acquisire importanti competenze in tema di medicina trasfusionale supportandone l’attività sotto la guida di tutor esperti. “Chiediamo con forza alla Regione di agire nelle sedi opportune per consentire agli specializzandi di poter operare nelle Unità di Raccolta Sangue in convenzione, che contribuiscono ogni anno con quasi il 30% rispetto al totale per sacche di sangue intero all’autosufficienza regionale”.